Conversazione con il prof. Luca Massimo Barbero
con la moderazione di Massimiano Bucchi, Università di Trento - Observa Science in Society
Partendo da una dichiarazione dell’artista, pubblicata in un volume edito nel 2017 in occasione della mostra Franco Angeli. A selection of artworks from important European collections alla Ronchini Gallery a Londra, si evince che gli artisti italiani cercassero dopo la comune loro associazione all’arte “Pop” americana, di affrancarsi da questa definizione piuttosto generalista. Per la scuola romana si diede vita così ad una declinazione tutta italiana e, pur possedendo una matrice desunta dall’arte americana, e da ciò che accadeva sia in Europa che negli Stati Uniti, ebbe invece modo di differenziarsi. La grande differenza o, meglio, l’alterità di Franco Angeli, così come di altri autori operanti nella Roma degli anni ’60, si percepisce anche dall’utilizzo delle simbologie che questi artisti utilizzano, appartenenti ad una matrice storica o, meglio, potremmo dire, della convivenza quotidiana con le grandi icone storico-artistiche. Queste, prima anche di quelle urbane e quotidiane, sono l’oggetto di molte delle opere che gli artisti di tale generazione e, in piena evidenza, quelle di Franco Angeli, utilizzano. L’araldica dei palazzi e delle chiese romane, le lapidi e le scritte dell’antichità, la proliferante presenza in ogni luogo della capitale di segni, dipinti, sculture, legate alla Chiesa cattolica e alla nobiltà sono, insieme alle scritte sui muri, ai manifesti di propaganda politica ed alle insegne, i veri soggetti che entrano prepotentemente nel nuovo immaginario artistico attraverso quella che oggi potremmo definire una “macrovista”.
In questo breve percorso si sottolineeranno quindi le declinazioni simboliche, politiche e contestuali del tessuto artistico e creativo italiano dei primi anni ’60 attraverso l’opera di Franco Angeli. Cercando quindi di rivelare una loro originalità rispetto anche al valore che lo stesso artista dava ad alcune delle sue rappresentazioni più note, che partono proprio dal segno della moneta corrente degli Stati Uniti all’epoca.
Un’occasione, dunque, per scoprire uno di quei grandi protagonisti nascosti in evidenza dell’arte contemporanea.
In occasione della mostra Pop/Beat Italia 1960-1979 Liberi di sognare (Basilica Palladiana di Vicenza, fino al 30 giugno 2024), che in esposizione presenta anche un cospicuo numero di opere appartenenti alla collezione Intesa Sanpaolo.