Per pianoforte e nastro
Davide Boosta Dileo – pianoforte
À la recherche du rythme perdu è destinato più specificamente ai musicisti jazz, il che non significa che l’obiettivo sia quello di fare “musica jazz”.
Non si tratta di un pezzo nuovo, ma nemmeno di una nuova versione di un pezzo vecchio. Sia chiaro: qui viene utilizzato lo stesso nastro magnetico di Musique Socialiste – programme commun per clavicembalo e nastro, brano realizzato nel 1972, anno in cui fu firmato il Programme Commun de la Gauche. Per quanto riguarda la partitura, pur non essendo totalmente nuova (utilizza alcune delle stesse note), contiene alcune proposte diverse; cercherò di spiegare perché.
La Musique Socialiste era destinata al clavicembalo, ma soprattutto agli esecutori con una formazione classica. La loro esperienza li ha portati a riprodurre strumentalmente la scrittura del compositore. In À la recherche du rythme perdu vorrei rivolgermi ai musicisti jazz.
Ciò significa che le note, che per i musicisti classici sono un codice per suonare, qui sono più indicazioni di atmosfera che segni da riprodurre strumentalmente. La storia di questa partitura è in qualche modo la storia di un’esperienza, da cui il titolo “riflessione sulla scrittura”. I musicisti classici hanno l’esperienza della forma complessiva, di un viaggio musicale con le sue progressioni e digressioni. I musicisti jazz vivono il momento, il dettaglio, il ritmo e la comunicazione intuitiva tra loro. Ecco perché questa partitura ha meno note e soprattutto, come diremo più avanti, note che non devono essere suonate, ma più indicazioni di un percorso generale.
Se ho detto che si tratta di un pezzo nuovo più che di una nuova versione, è perché la musica che ne esce è totalmente diversa, possiamo solo dire che c’è una parentela espressiva, oserei dire (dopo averla cercata sul dizionario), che c’è una parentela lirica.
Qualche parola sul titolo. A volte ho l’impressione che quello che prima chiamavo il codice, il rispetto della scrittura (cioè la legge) abbia oscurato l’intuizione musicale, censurato il senso del ritmo e rosicchiato a poco a poco l’immaginazione degli esecutori. Non dovete pensare che io consideri la pulsazione del nastro come un ritmo; come la scrittura, è sterile, è solo l’azione che dà vita all’insieme. Vorrei che cercassimo di ritrovare questa ricchezza perduta. Il ritmo non può essere scritto, le piccole differenze che fanno vivere un corpo con una realtà ritmica sono così sottili che sfuggono completamente alla grossolanità della scrittura, quindi questa “riflessione sulla scrittura” deve essere compresa.
L.F