Il percorso prende idealmente avvio dal capolavoro assoluto delle collezioni Intesa Sanpaolo, il Martirio di sant’Orsola, ultima tela di Caravaggio realizzata nel maggio del 1610, poche settimane prima della morte. Nel nuovo allestimento, il confronto con altri capolavori della prima metà del XVII secolo permette di collocare l’opera all’interno del contesto artistico e culturale connesso alla rivoluzione caravaggesca, che in particolare a Napoli determina una svolta decisiva nelle esperienze figurative degli artisti operanti nella capitale del viceregno spagnolo in quegli anni.
Spiccano tra le opere esposte Giuditta decapita Oloferne di Louis Finson, da un perduto originale ancora di Caravaggio, Sansone e Dalila di Artemisia Gentileschi, tre tele di Bernardo Cavallino, una Sacra famiglia di Battistello Caracciolo, San Francesco di Assisi riceve le stigmate di Gerrit van Honthorst, il San Giorgio di Francesco Guarini, il Ratto di Elena di Luca Giordano. I dipinti di natura morta contano due preziosi Sottoboschi di Paolo Porpora e tele di Giuseppe Recco e Giovan Battista Ruoppolo che danno conto della rilevante presenza di questo genere nelle collezioni dei ricchi committenti e collezionisti presenti a Napoli nel Seicento.
Il percorso prosegue con le opere di veduta e paesaggio, genere che ha avuto a Napoli uno sviluppo straordinario tra Sette e Ottocento, a partire da sei dipinti dell’olandese Gaspar van Wittel, considerato uno degli iniziatori del vedutismo moderno e attraverso opere di Franz Ludwig Catel, Anton Smink Pitloo, Giacinto Gigante, Nicola Palizzi, Domenico Morelli, Federico Rossano, Edoardo Dalbono, Gioacchino Toma, Francesco Mancini, Vincenzo Migliaro, in una selezione che permette di seguire l’eccezionale vicenda di un genere declinato in successive fasi sperimentali, che hanno reso la Scuola Napoletana all’avanguardia in Europa. Dalla Scuola di Posillipo, dove matura la grande eredità del paesaggismo del Grand Tour, si approda al naturalismo legato alla pratica en plein air della Scuola di Resina, sino alle esperienze più individuali di fine secolo. Una successiva sezione consente di puntare l’obiettivo sulla rappresentazione della città attraverso gli interni degli edifici monumentali, le strade e le scene di vita moderna che avvenivano negli spazi della socialità, come l’ippodromo, la villa comunale e il mercato.
Una raccolta di disegni e sculture di Vincenzo Gemito forma uno dei nuclei più importanti del celebre artista “scugnizzo”: un insieme di altissima qualità di terrecotte, bronzi e disegni che, dagli anni Settanta dell’Ottocento agli anni Venti del secolo successivo, documentano la straordinaria parabola artistica di Gemito. Un percorso intrecciato con il dramma personale di un’esistenza minata da profondi squilibri psichici, che comportano lunghe interruzioni dell’attività creativa.
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