Nel salone sono presentate le sculture di Carrino e Staccioli, fondate su una volontà costruttiva, ma anche di interpretazione degli spazi e dei caratteri architettonici, accanto ai lavori di Pascali e Cavaliere, che diversamente mettono in gioco le qualificazioni della scultura come forma e come racconto. Oltre a questi, le opere di Colla e Fontana dialogano con la sala Geometrie variabili. Le sale laterali sono definite a partire da alcuni essenziali criteri di indagine che collegano le opere tra loro, facendo leva su fattori formali e tematici.
Nella sezione Idee di spazio si incontrano opere di Fontana e di Vedova di carattere informale, eseguite fra gli anni Cinquanta e Sessanta, che costituiscono, nelle reciproche soluzioni proposte, indagini sullo spazio come luogo metaforico e come materia di indagine.
La sala dedicata alle Impronte, tracce, memorie si configura attraverso le istanze di un rapporto fra memorie di figura e di immagine e il loro superamento nella concretezza dei materiali. Dall’opera di Santomaso, espressione della poetica del concetto critico di “astratto-concreto”, esposto da Lionello Venturi all’inizio degli anni Cinquanta, alle opere pittorico-materiche di Burri, il percorso mette in luce un dialogo che vede Afro, Burri e Scialoja mediare fra astrazione e informale, per operare sul crinale tra memoria dell’esperienza personale e intervento fisico sulla superficie pittorica.
Sul fronte opposto, nella sezione Geometrie variabili, si segnala, come elemento costitutivo di una direzione dell’arte italiana (e non solo) del secondo dopoguerra, il dialogo con forme astratte di declinazione geometrica e cromatica, in cui le costruzioni logiche sono svolte secondo la massima libertà individuale. Da Munari a Dorazio, da Tancredi a Varisco, con le sculture di Consagra e (nel salone) di Colla, questa situazione viene esemplificata attraverso protagonisti delle correnti non- figurative costituitesi tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
La sezione Riflessioni su pittura e scultura ci racconta come nel corso degli anni Settanta una direzione di confronto per molti artisti sia stata quella del ripensare il senso dell’operare con le pratiche della pittura e della scultura, rileggendo i caratteri essenziali dei rispettivi linguaggi. L’opera di Verna, meditazione sulla forma, lo spazio e le ragioni del quadro, apre un percorso che vede affiancati gli autori della tendenza allora definita della “pittura analitica” con altre forme di esplorazione delle potenzialità del colore e della pittura, oltre che con alcune realizzazioni di quegli scultori, da Uncini a Spagnulo a Mattiacci, che agiscono sulle materie e le forme di una scultura che si apre allo spazio e all’ambiente, anche nelle opere di dimensioni ridotte.
Segno, spazio, superficie pone al centro dell’attenzione il concetto di “segno”, da intendersi tanto come forma di ascendenza calligrafica, quanto come traccia del linguaggio comunicativo declinato in forme iconiche e verbali. Le opere presentate mettono in rapporto l’ambiente romano degli anni Cinquanta-Sessanta, con le proposte di Capogrossi, Accardi, Perilli, Novelli, Sanfilippo e Rotella, con quelle dell’area milanese, dove Crippa, Melotti e Castellani diversamente interpretano forme e pratiche del segno nello spazio fisico. I lavori sulla parola-immagine di Boetti e Baruchello, con le sculture di Mannucci e Maraniello, completano una possibile esplorazione del tema.
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